Proponiamo un testo di Daniele Gigli, un autore già molto noto sebbene giovane, una voce riflessiva, chiara, che descrive con precisione, richiede, ricerca, approfondisce, stigmatizza. Una voce che si farà sempre più matura, forte, altissima, una voce che entrerà a far parte della grande tradizione poetica italiana, sono sicuro. (Massimo Pamio)
Da dove viene questa folla, dove sfila,
impilata tra i tornelli, scalpicciante,
dove va, raccolta al marciapiede
del binario,
dove corre
– non è luce che ci allumina né oscura il neon –
dove e a che cosa vota il passo, l’ansia?
Facce appiattite dalla luce, scontornate
e luce parca, luce di alba tarda che filtra dalle scale.
Al piano mezzanino…
Anime sitibonde arroccano, si sfalsano tra vetro e carne
(e questa pelle che non suda sangue).
Al piano mezzanino,
dove lo zingaro tedioso e postulante si moltiplica,
attanaglia, stringe il nodo.
Pagàno questo cielo così vuoto e basso
e piangi un po’ sulla città deserta,
sul tempo che l’attende,
come le donne piangono sui feretri dei figli,
e gli uomini di campo in campo gridano nel ghiaccio.
Daniele Gigli (Torino 1978) lavora come archivista documentalista, consulente di comunicazione e digital curator. Ha pubblicato i libri di poesia “Fisiognomica” (2003) e “Presenze” (2008), oltre ad alcune traduzioni da T.S. Eliot, tra cui “Gli uomini svuotati” (2010) e “Mercoledì delle Ceneri” (2014). Collabora con il quotidiano on-line “Il Sussidiario” e le riviste “Studi cattolici” e “Biblioteca di via Senato”.
E’ in corso di pubblicazione il suo nuovo libro “Fuoco unanime”.