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BIGNAMI D’AUTORE SALVAMONDO ovvero la trovata commerciale che mancava all’industria del libro (di Lina Maria Ugolini)


L’Editor-ia (i-a, i-a) omologante e il bla bla nella fattoria dei nuovi scrittori
Introduco un breve saggio di Lina Maria Ugolini, che affronta magistralmente ed esaustivamente alcuni degli argomenti che più mi stanno a cuore: dall’avvento della figura delll’editor a quella delle scuole di scrittura creativa, tra le innovazioni più nefaste che la storia della letteratura italiana possa annoverare.  Se si  acquistano libri di narrativa di giovani autori pubblicati dalle più grandi case editrici italiane, ebbene, nel leggerne uno, sembrerà di averli letti tutti, oppure nel leggerli tutti, sembrerà di aver letto sempre e solo lo stesso autore, poi che l’azione di revisione del testo compiuta dagli editor sui romanzi ottiene (non volendo) il risultato di scrostare lo stile individuale, e di cancellare la cifra personale, così da rendere ogni testo inautentico, piatto. Una scelta “politica”, che dal neorealismo in poi ha imposto agli scrittori una maggiore vicinanza al lettore tanto da convincerlo ad adottare la scelta sella semplicità, di forgiare una lingua capace di interpretare le fantasie e le immagini del popolo. Tutto falso, per ovvi motivi, se non addirittura spia di un atteggiamento retoricamente paternalistico. Lo scrittore può descrivere l’animo di un povero senza doverne mimare ad ogni costo il linguaggio povero e disadorno -se non nel discorso diretto- (ma poi chi dice che il popolo adoperi un linguaggio scarno?); inoltre lo scrittore può scegliere la strada della contaminazione gergale, come già fu per Verga a fine Ottocento, e poi per Pirandello e infine per citare un esempio vicino ai nostri giorni, per Camilleri (scrittore che non amo, ma  nelle cui prose spicca la vitalità di una lingua che si avverte come crogiuolo di incroci e contaminazioni di più culture, in virtù di questa sua originale densità semantico-lessicale, esempio delle multiformi sonorità musicali meridionali, di lunghissime dolenti lugubri teatrali nenie carnascialescamente barocche, grazie proprio a questa forte connotazione stilistica, ha decretato il successo dei romanzi di Montalbano entrati di diritto nella storia della letteratura italiana.
La nostra editoria fondata sugli editor che cancellano e trasformano i libri in asini tutti uguali, omologati, come nella favola di Collodi, fanno ragliare i loro autori: Editor-i-a! Editor-i-a!, tutto in nome dell’Editor-i-a che sforna scrittori come polli in batteria o mucche ammalate dalla lingua blu di tristezza perché amputati dello stile, dell’eleganza, diventati sciatti, trascurati, barboni della letteratura, privati perfino delle particolarità personali o regionali. La nostra Editor-i-a fondata sulle scuole di scrittura creativa (come se la creatività si potesse insegnare!), renderebbe piatto anche il seno della più rifatta maggiorata showgirl italiana. Poveri italiani schierati davanti al plotone di esecuzione delle televisioni che li oltraggia e li omologa, ora anche l’industria della cultura coopera a spogliarli di tutto (d’una personalità). Che cosa resta loro? Borghesucci rimediati, parvenus o cafoni arricchiti, creati in provetta, gustano la differenza tra un vino e l’altro, tra una pietanza e l’altra, ridotti a tubo digerente, fegato e a qualche tratto d’intestino. (Massimo Pamio)

BIGNAMI D’AUTORE SALVAMONDO ovvero la trovata commerciale che mancava all’industria del libro (di Lina Maria Ugolini)

Non sono solita mandare personali missive per affidarle a bottiglie in balia di flutti e tempeste. Lo confesso senza indugio: sono una naufraga per condizione geografica ed esistenziale, muta il più delle volte come i piccoli pesci di questo nostro vasto mare. Discreta soprattutto per nostalgica educazione nei confronti del prossimo, dunque facile preda per bocche ciarliere e voraci. Ben venga, se così deve essere. Oggi però sento il dovere di scrivere qualcosa da affidare all’audace tratto dell’inchiostro: poche righe per comporre alcune parole d’appello cortesi ed indignate.

Bignami D’Autore: questa la trovata bieca proposta dal recente mercato editoriale. “Chi salva una storia salva il mondo!” Viva i nostri eroi e viva la scuola Holden, catena di montaggio e fucina per forgiare e assemblare le penne professionali del nostro tecnico futuro letterario.

Idea geniale, verniciata e griffata d’eccellenza, superba la fattura, altisonanti i nomi che hanno accettato il gioco del rifabulare questi Classici ahimé in pericolo d’oblio. Tutti devono conoscere nel modo più adeguato le grandi storie della letteratura, spremute in modo da esser consumate in un tempo ristretto: dagli adulti, nutriti di shopping da Centro Commerciale, ai giovani e ai bambini ai quali bisogna proporre sempre di tutto e di più nel modo più accattivante possibile. Proprio su quest’ultimi punta il mirino del generoso messaggio pubblicitario. I piccoli conosceranno sì gli intrecci famosi, (tra l’altro il più delle volte già usati da esperti del settore illustrato) così impareranno ad associare ad esempio Il naso – o magari come la lingua sicula suggerisce: La nasca – al nome televisivo di Camilleri-Montalbano. Nikolaj Vasil’evič Gogol’? Solo un tizio che scrisse la prima versione della fiaba.

Persuadere alla cultura senza permettere alla mente del pubblico acquirente di cogitare oltre il dovuto: questa la crociata avallata da alcuni scrittori del secondo millennio, autori importanti che hanno già inventato le loro storie bellissime ed autentiche. Chi si accontenta, non gode mai…

Il testo Classico, per la prima volta nella storia dell’uomo, si rivela imperfetto e poco idoneo alla massa. Perché leggere i Classici? A suo tempo Italo Calvino diede una risposta da intellettuale umile ed acuto come pochi (purtroppo). Il Classici non devono semplicemente essere “letti” ma “riletti” cento e cento volte perché la loro lingua non esaurisce mai di dire o bisbigliare qualcosa di nuovo alla coscienza che si sofferma in Silenzio su quelle pagine.

Perché questa scelta? Non posso credere che i nostri più importanti scrittori siano a corto di storie. Una vocina mi suggerisce invece che sono ghiotti di denaro e specialmente di vanità, la peggior nemica, come scriveva Oscar Wilde, della vera arte.

Si sono divertiti a compiere l’impresa? Sicuramente. Le storie per chi di mestiere le compone sono come creta sotto mani avvezze a modellare. L’opera riconosciuta come universale, non si tocca perché perfetta, aggettivo, mi rendo conto difficile da digerire.

In un’antica pagina magistrale Alessandro Baricco suggeriva al lettore di riflettere sull’alchimia dei tasti di un pianoforte. L’incanto di un ascolto non risiede solo nell’intervallo udibile tra due o più note ma in ciò che esse velano nell’attimo sospeso in cui tacciono. La grande musica e la grande scrittura si contraddistinguono per la capacità di dilatare il proprio linguaggio verso orizzonti emotivi inesauribili. Non esiste una sola parola o sillaba scritta da Alessandro Manzoni  senza una motivazione filologica, espressiva, profonda, saggia, storica, sapiente e poetica. Già… la poetica che un tempo designava l’identità di un autore, il suo impegno umano vissuto in stretto rapporto con una vita di dolore, solitudine, e ideali da perseguire. Che fine ha fatto nella moderna e carnascialesca Italia? I tempi cambiano, la poetica (se mai possa essere un temine ancora in auge) non  è più “arte della costruzione” ma “costruzione ad arte”. Che dire a questo punto?

Grazie per la salvezza del mondo.

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