Archivi giornalieri: 8 settembre 2018

STEFANO STRINGINI SU COMISSO NELL’INTERPRETAZIONE DI DE CILIA


 

 

 

 

COMISSO NELL’INTERPRETAZIONE DI NICOLA DE CILIA (STEFANO STRINGINI)

 

Giovanni Comisso: Viaggi nell’ Italia Perduta,  a.c. di N. De Cilia, Roma, Edizioni dell’ Asino, 2017.

 

La scrittura di Giovanni Comisso,  notoriamente  caratterizzata da uno stile classico e al tempo stesso moderno,  presenta nel suo processo evolutivo  una cifra ambivalente che,  fortuna  di molti grandi scrittori, al di là della finzione  letteraria, si lascia non di meno  gustare  nella forma del  Reportages  e  del resoconto di viaggio.  Il merito di questa raccolta di scritti, curata da   Nicola De Cilia,  consiste  nell’ avere selezionato le    prose più  significative della ricca  produzione dello scrittore ,  secondo il criterio delle   fisicità,  della concretezza e dell’  evocatività.  Mescolata ad   un’ ebbrezza visionaria e intensa,  che  è  senz’ altro , debitrice sia  al  Rimbaud   dell “ uomo dalle suole di vento” ( ovvero alla  sua proverbiale   dromomania, analizzata   a suo tempo   da Sergio Solmi[1]) ,  che a quello del poeta veggente[2].  Dal quale assimila al tempo stesso   tutte  le    coloriture  paniche e a tratti idilliche dei  paesaggi rurali, dei villaggi e delle città,  descritti dallo stesso  Rimbaud , quando,  poco più che adolescente,   scappava da Charleville per vagabondare da un punto all’ altro delle Francia e del Belgio .

La figura retorica guida  dell’ intera  raccolta,  è senz’ altro    la    Sinestesia,  multiforme, policroma, a tratti abbacinante, ma al tempo stesso intrisa di  una  buona dose di ironia e di   disincantata saggezza, con  una scrittura  che, fluttuante tra l’ apollineo e il  dionisiaco, coinvolge il lettore in un susseguirsi di avventure, in cui celebra  tanto   l’ amor vitae oraziano, quanto il senso di smarrimento  dell’ artista del ‘900 , che non di rado perde  la propria identità per scoprire , disimparando  a vivere,  i risvolti piacevoli e  meno piacevoli dell’ esistere  al di là e al di qua delle  convenzioni.

A tale scopo    Comisso non poteva  trovare un compagno di viaggio  migliore  di Guido Keller,  già   asso    dell’   aeronautica nel corso della prima guerra mondiale ,  braccio destro e  sodale di D’ Annunzio e F.T.  Marinetti nella conquista   di Fiume. Uomo di azione coraggioso e creativo, beffardo,  a volte  grottescamente goliardico.  Destinato,    proprio per  questo   ad essere considerato, anche da Comisso,  l’ incarnazione più concreta  della coincidentia oppositorum tra arte e vita.   La  contrapposizione tra uomo di armi e uomo di lettere , dolorosamente cara a Borges e non solo[3] , è però  Da Comisso stemperata – secondo De Cilia-     in  una nuova e  diversa percezione dell’ amico.  Infatti  lontani ormai i giorni di Fiume  e   le imprese    eroiche e ,  non di meno  goliardiche e   grottesche  del “ Gruppo Yoga” ( Unione di Spiriti liberi tendenti alla perfezione ), del quale  Comisso era  acceso sostenitore con Keller, lo scrittore trevigiano   sembra provare    non più   ammirazione per il “ bellicoso vitalismo”   del pilota , ma un  distacco dovuto alla percezione di   “ una forma di cupa e volluttuosa disperazione”[4]. Quella stessa che lo avrebbe indotto a  morire in miseria pochi anni dopo,  in seguito ad un incidente stradale . Dunque lo spirito di avventura e la voglia di conoscere luoghi affascinanti e meno noti di un Italia perduta, risulta  improntata ad un vitalismo non meno intenso, ma   che concede il giusto spazio  al  reducismo bellico,   a volte  usato anche per    fare colpo sulle fanciulle, che incontrano ad esempio in Viaggio in Toscana. Tutte   ovviamente innamorate di loro “ fino al delirio”.

L’ esperienza    di Fiume,   di  recente paragonata tra strascichi di  entusiasmi e polemiche ,  dalla Salaris  ad  una comunità Hippye  ante litteram[5],   dunque sfuma per dare spazio  ad un  grand tour  molto   bohemien, nel corso del quale i due    “rabdomanti incerti”[6] si concedono senza riserve ai piaceri ai, contrattempi e ai più o meno graditi incidenti  di percorso, del loro viaggio.   Anche se il cuore di Comisso è  sempre rivolto a    Treviso,   città natale e di vita (  nella misura in cui pulsa di cultura e degli entusiasmi  delle nuove generazioni di adolescenti)[7] , questa  diventa di pagina  in pagina  un punto di riferimento sempre più  sfumato ,  finalizzato a dare spazio ad una non meno nuova ed interessante conoscenza  di luoghi e  vicende  umane.    Dal Veneto di Cimalsole,  dove tra valli,  osterie e  uomini corpulenti e dal bicchiere facile, si narra  tra inni fascisti,  delle imprese dei Greci  fondatori delle loro città, sino a  Milano. Dove l’ incontro con una “ bella Siciliana” di nome   Concettina , funge da anticipazione per le  sue avventure  nel Sud della penisola .  Anticipazione  che nel contesto della loro conoscenza,  non manca di qualche  scanzonate sfumatura  erotica , non a caso  Comisso gioca proprio con Concettina  a fare il dottore    per verificare il suo stato odi  salute. Senza ombra di dubbio   assolutamente ottimale . Questa dimensione   ludica  e incline a celebrare la natura e la bellezza  femminile,  lo colloca ovviamente   agli antipodi rispetto alla superiorità dell’ artificio sulla natura,  cara ai suoi pur amati     modelli simbolisti[8].   Il viaggio prosegue poi  a Roma, Napoli e in Sicilia, con delle coloriture che variano   dalla  solenne monumentalità  di una visita  alla tomba di Scipione l’ Africano, accusato ingiustamente dal Senato di essersi impossessato  delle ricchezze dei regni conquistati, al pellegrinaggio sentimentale nella casa dei Malavoglia in quel di Aci Trezza.  Oppure   attraverso  episodi  folcloristici, e vicende umane più o meno drammatiche ( vedi  le pagine quasi  da fait divers   alla Serao,  di:  Malinconia a Napoli dedicate alla  vicenda giudiziaria dell’ amico Maurizio,  prima messo ingiustamente in carcere con l’ accusa di furto,  poi riabilitato a riaccolto al lavoro),  con il non casuale sottofondo musicale  del: Tango della miseria  che  i buffi eseguono  con i  cilindri e le palandrane tra gli applausi dei passanti.

Sono tutti aspetti che   sottolineano  sempre  più i contrasti  e le contraddizioni di un’ Italia il cui paesaggio è speculare alle luci e alle ombre di una nazione destinata a rivelarsi  tanto contraddittoria, quanto  in fieri.   In:  Agrigento contro Salernitana ,  infatti   la monumentalità  classica e i richiami cosmogonici alla  mitologia greca  contrastano, nel momento in cui lo scrittore,  spostatosi  da  qui  a  Salerno, vede  scritto su di un muro fatiscente l’ annuncio   della partita  “ Agrigento contro salernitana”,  tragicomica pubblicità   di un molto casereccio derby di provincia,  che  anticipa  al tempo stesso  uno dei vizi più diffusi  tra quello  che a breve sarà l’ archetipo progredito dell’  italiano medio.    E’ però  nel conclusivo: Non si può visitare l’ Italia in macchina che Comisso,  saturando tutte le varianti alchemiche delle Sinestesia e dello Straniamento mette a nudo tutto il suo disagio di intellettuale dinanzi ad un’ Italia che sta per intraprendere la tormentosa strada di una crescita senza sviluppo. :   “ Invero ò dovuto poi accorgermi  – ci dice- che non la macchina imponente, mi fece impressione, ma la nostra Italia vista da essa” [9].  L’ auto su cui Comisso viaggia diventa così la metafora di un disagio, al quale contrappore  la  “purezza” di  un popolo già in odore di tutte le  profonde trasformazioni antropiche ed entropiche  del nuovo secolo:

Quando poi ci incontrammo verso l’ interno- scrive ad un certo punto  l’ autore-  non fu più un divertimento viaggiare in questa macchina, mi sembrava di essere dentro una gabbia, messo alla berlina davanti a un popolo, così puro, così giusto, così onesto da potere avere il massimo diritto di condannare. Al nostro arrivo nella piazza di ogni villaggio, subito veniva un gruppo di ragazzetti strillando con allegrezza di essere figli di soldati americani e con prepotenza si arrampicavano come dovessero venire a riscuotere il credito[10].

Un credito che  verrà ben presto integrato con parole   come  modernità, industrializzazione proletariato,  borghesia  e  sviluppo urbano.

Dai  quali Comisso lascia trasparire tutto il suo desiderio di distacco di intellettuale che ama viaggiare  a piedi  o  con  altri mezzi  caratterizzati da una lentezza che purtroppo non ci appartiene più, ma che è bene non perdere di vista, magari concludendo con  una frase di Pino Cacucci , che forse sarebbe piaciuta anche a  Comisso :   “  Le radici sono importanti, nella vita di un uomo, ma noi uomini abbiamo le gambe, non le radici, e le gambe sono fatte per andare altrove”[11].

[1]  S. Solmi: Saggio su Rimbaud,  Einaudi 1974
[2] Qui se fait voyant par un long, immense et raisonné dérèglement de tous les sens, cfr Lettera di Rimbaud a Paul Demeny, i n Epistolario,  Roma,  Lucarini, 1991
[3]  J.L. Borges: “ L’ uomo dell’ angolo delle rose”, Viterbo,  Stampa alternativa, 1996
[4]  De Cilia, In:  G. Comisso Viaggi  nell’ Italia perduta, Edizioni dell’ Asino, 2017, p. 12.
[5] C. Salaris: Alla festa della rivoluzione, Bologna, il Mulino, 2008.
[6] De Cilia  cit p. 13.
[7]  G. Comisso: “ Viaggi nell’ Italia perduta ,  cit. p. 67.
[8] C. Baudelaire: “ La donna è naturale perciò abominevole”,  Diari intimi, Roma, Newton Compton, 1992, p 20  e J. K. Huysmans: Controcorrente, pagine relative all’ esaltazione della riproduzione del corpo femminile come  una bambola.
[9] G. Comisso: Viaggi nell’ Italia perduta, cit. p. 150.
[10] G. Comisso Viaggi nell’ Italia perduta, cit. p.  155.download
[11] P. Cacucci da: Un po’ per amore, un po’ per rabbia,  Milano, Feltrinelli, 2008.

Lascia sia il vento – Margherita Guidacci


Poesia in rete

Andrew Wyeth, Wind from the Sea, 1947

Lascia sia il vento a completar le parole
che la tua voce non sa articolare.
Non ci occorrono più le parole.
Siamo entrambi il medesimo silenzio.
Come due specchi, svuotati d’ogni immagine,
che l’uno all’altro rendono
un semplice raggio. E ci basta.

Margherita Guidacci

da “Poesie per poeti”, 1987, in “Margherita Guidacci, Le Poesie”, Casa Editrice Le Lettere, Firenze, 1999

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