COMISSO NELL’INTERPRETAZIONE DI NICOLA DE CILIA (STEFANO STRINGINI)
Giovanni Comisso: Viaggi nell’ Italia Perduta, a.c. di N. De Cilia, Roma, Edizioni dell’ Asino, 2017.
La scrittura di Giovanni Comisso, notoriamente caratterizzata da uno stile classico e al tempo stesso moderno, presenta nel suo processo evolutivo una cifra ambivalente che, fortuna di molti grandi scrittori, al di là della finzione letteraria, si lascia non di meno gustare nella forma del Reportages e del resoconto di viaggio. Il merito di questa raccolta di scritti, curata da Nicola De Cilia, consiste nell’ avere selezionato le prose più significative della ricca produzione dello scrittore , secondo il criterio delle fisicità, della concretezza e dell’ evocatività. Mescolata ad un’ ebbrezza visionaria e intensa, che è senz’ altro , debitrice sia al Rimbaud dell “ uomo dalle suole di vento” ( ovvero alla sua proverbiale dromomania, analizzata a suo tempo da Sergio Solmi[1]) , che a quello del poeta veggente[2]. Dal quale assimila al tempo stesso tutte le coloriture paniche e a tratti idilliche dei paesaggi rurali, dei villaggi e delle città, descritti dallo stesso Rimbaud , quando, poco più che adolescente, scappava da Charleville per vagabondare da un punto all’ altro delle Francia e del Belgio .
La figura retorica guida dell’ intera raccolta, è senz’ altro la Sinestesia, multiforme, policroma, a tratti abbacinante, ma al tempo stesso intrisa di una buona dose di ironia e di disincantata saggezza, con una scrittura che, fluttuante tra l’ apollineo e il dionisiaco, coinvolge il lettore in un susseguirsi di avventure, in cui celebra tanto l’ amor vitae oraziano, quanto il senso di smarrimento dell’ artista del ‘900 , che non di rado perde la propria identità per scoprire , disimparando a vivere, i risvolti piacevoli e meno piacevoli dell’ esistere al di là e al di qua delle convenzioni.
A tale scopo Comisso non poteva trovare un compagno di viaggio migliore di Guido Keller, già asso dell’ aeronautica nel corso della prima guerra mondiale , braccio destro e sodale di D’ Annunzio e F.T. Marinetti nella conquista di Fiume. Uomo di azione coraggioso e creativo, beffardo, a volte grottescamente goliardico. Destinato, proprio per questo ad essere considerato, anche da Comisso, l’ incarnazione più concreta della coincidentia oppositorum tra arte e vita. La contrapposizione tra uomo di armi e uomo di lettere , dolorosamente cara a Borges e non solo[3] , è però Da Comisso stemperata – secondo De Cilia- in una nuova e diversa percezione dell’ amico. Infatti lontani ormai i giorni di Fiume e le imprese eroiche e , non di meno goliardiche e grottesche del “ Gruppo Yoga” ( Unione di Spiriti liberi tendenti alla perfezione ), del quale Comisso era acceso sostenitore con Keller, lo scrittore trevigiano sembra provare non più ammirazione per il “ bellicoso vitalismo” del pilota , ma un distacco dovuto alla percezione di “ una forma di cupa e volluttuosa disperazione”[4]. Quella stessa che lo avrebbe indotto a morire in miseria pochi anni dopo, in seguito ad un incidente stradale . Dunque lo spirito di avventura e la voglia di conoscere luoghi affascinanti e meno noti di un Italia perduta, risulta improntata ad un vitalismo non meno intenso, ma che concede il giusto spazio al reducismo bellico, a volte usato anche per fare colpo sulle fanciulle, che incontrano ad esempio in Viaggio in Toscana. Tutte ovviamente innamorate di loro “ fino al delirio”.
L’ esperienza di Fiume, di recente paragonata tra strascichi di entusiasmi e polemiche , dalla Salaris ad una comunità Hippye ante litteram[5], dunque sfuma per dare spazio ad un grand tour molto bohemien, nel corso del quale i due “rabdomanti incerti”[6] si concedono senza riserve ai piaceri ai, contrattempi e ai più o meno graditi incidenti di percorso, del loro viaggio. Anche se il cuore di Comisso è sempre rivolto a Treviso, città natale e di vita ( nella misura in cui pulsa di cultura e degli entusiasmi delle nuove generazioni di adolescenti)[7] , questa diventa di pagina in pagina un punto di riferimento sempre più sfumato , finalizzato a dare spazio ad una non meno nuova ed interessante conoscenza di luoghi e vicende umane. Dal Veneto di Cimalsole, dove tra valli, osterie e uomini corpulenti e dal bicchiere facile, si narra tra inni fascisti, delle imprese dei Greci fondatori delle loro città, sino a Milano. Dove l’ incontro con una “ bella Siciliana” di nome Concettina , funge da anticipazione per le sue avventure nel Sud della penisola . Anticipazione che nel contesto della loro conoscenza, non manca di qualche scanzonate sfumatura erotica , non a caso Comisso gioca proprio con Concettina a fare il dottore per verificare il suo stato odi salute. Senza ombra di dubbio assolutamente ottimale . Questa dimensione ludica e incline a celebrare la natura e la bellezza femminile, lo colloca ovviamente agli antipodi rispetto alla superiorità dell’ artificio sulla natura, cara ai suoi pur amati modelli simbolisti[8]. Il viaggio prosegue poi a Roma, Napoli e in Sicilia, con delle coloriture che variano dalla solenne monumentalità di una visita alla tomba di Scipione l’ Africano, accusato ingiustamente dal Senato di essersi impossessato delle ricchezze dei regni conquistati, al pellegrinaggio sentimentale nella casa dei Malavoglia in quel di Aci Trezza. Oppure attraverso episodi folcloristici, e vicende umane più o meno drammatiche ( vedi le pagine quasi da fait divers alla Serao, di: Malinconia a Napoli dedicate alla vicenda giudiziaria dell’ amico Maurizio, prima messo ingiustamente in carcere con l’ accusa di furto, poi riabilitato a riaccolto al lavoro), con il non casuale sottofondo musicale del: Tango della miseria che i buffi eseguono con i cilindri e le palandrane tra gli applausi dei passanti.
Sono tutti aspetti che sottolineano sempre più i contrasti e le contraddizioni di un’ Italia il cui paesaggio è speculare alle luci e alle ombre di una nazione destinata a rivelarsi tanto contraddittoria, quanto in fieri. In: Agrigento contro Salernitana , infatti la monumentalità classica e i richiami cosmogonici alla mitologia greca contrastano, nel momento in cui lo scrittore, spostatosi da qui a Salerno, vede scritto su di un muro fatiscente l’ annuncio della partita “ Agrigento contro salernitana”, tragicomica pubblicità di un molto casereccio derby di provincia, che anticipa al tempo stesso uno dei vizi più diffusi tra quello che a breve sarà l’ archetipo progredito dell’ italiano medio. E’ però nel conclusivo: Non si può visitare l’ Italia in macchina che Comisso, saturando tutte le varianti alchemiche delle Sinestesia e dello Straniamento mette a nudo tutto il suo disagio di intellettuale dinanzi ad un’ Italia che sta per intraprendere la tormentosa strada di una crescita senza sviluppo. : “ Invero ò dovuto poi accorgermi – ci dice- che non la macchina imponente, mi fece impressione, ma la nostra Italia vista da essa” [9]. L’ auto su cui Comisso viaggia diventa così la metafora di un disagio, al quale contrappore la “purezza” di un popolo già in odore di tutte le profonde trasformazioni antropiche ed entropiche del nuovo secolo:
Quando poi ci incontrammo verso l’ interno- scrive ad un certo punto l’ autore- non fu più un divertimento viaggiare in questa macchina, mi sembrava di essere dentro una gabbia, messo alla berlina davanti a un popolo, così puro, così giusto, così onesto da potere avere il massimo diritto di condannare. Al nostro arrivo nella piazza di ogni villaggio, subito veniva un gruppo di ragazzetti strillando con allegrezza di essere figli di soldati americani e con prepotenza si arrampicavano come dovessero venire a riscuotere il credito[10].
Un credito che verrà ben presto integrato con parole come modernità, industrializzazione proletariato, borghesia e sviluppo urbano.
Dai quali Comisso lascia trasparire tutto il suo desiderio di distacco di intellettuale che ama viaggiare a piedi o con altri mezzi caratterizzati da una lentezza che purtroppo non ci appartiene più, ma che è bene non perdere di vista, magari concludendo con una frase di Pino Cacucci , che forse sarebbe piaciuta anche a Comisso : “ Le radici sono importanti, nella vita di un uomo, ma noi uomini abbiamo le gambe, non le radici, e le gambe sono fatte per andare altrove”[11].