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Scuola, Renzi contestato all’inaugurazione dell’anno nell’istituto Don Puglisi
Il presidente del Consiglio ha scelto di celebrare l’avvio dell’anno nella scuola di Palermo dedicata al sacerdote ucciso dalla mafia il 15 settembre 1993. Ma ad accoglierlo ha trovato un centinaio di manifestanti, tra disoccupati dell’edilizia, lavoratori di call center a rischio licenziamento e docenti precari…
Qualche giorno prima, invece, in Abruzzo…
Il “Canto degli italiani” (di Sabatino Ciocca)
– Professore, che mi combina? – fu la prima frase, perfidamente bonaria, che si vide recapitare il professor Maurini entrando nell’ufficio di Presidenza della scuola media di primo grado a “G. D’Annunzio” intitolata. A indirizzargliela era la professoressa Adele Delli Pizzi, ex insegnante di Storia e Geografia, divenuta ora Dirigente Scolastica per certe altre storie di carattere sentimentale con il Provveditore agli Studi della città in cui muovono la nostra storia e i nostri personaggi.
– E che le combino, preside? – ripeté con imbarazzo palese il professor Maurini, ancora per metà dietro la porta d’ingresso, la testa nella stanza, sorpreso da quell’inattesa convocazione.
– Venga, venga. S’accomodi. – proseguì la preside mentre, in piedi dietro la scrivania, premeva una ad una le perle della sua collana con malcelata stizza, nel modo in cui certe donne di popolo snocciolano il rosario, in chiesa, in attesa della messa vespertina, ma con serena devozione. Quel gesto inquietò non poco il professor Maurini che, convinto credente, ben conosceva rosario, litanie e prediche.
– S’accomodi, prego.
La faccenda, dunque, doveva essere lunga se la preside lo pregava d’accomodarsi; e tutte le faccende che hanno bisogno di tempo per essere dispiegate, non s’occupano quasi mai di cose liete. Così ragionando, il professor Maurini, insegnante di musica e fresco di nomina in quell’Istituto, s’accomodò sulla sedia di destra, al di qua della dirigenziale scrivania, come San Lorenzo sulla graticola.
– Immagino che lei, quest’oggi, non abbia letto i quotidiani!
– In tutta sincerità, preside, è da un bel po’ che evito questo genere di letture.
– Legga, legga! – e gli spalmò dinnanzi le prime pagine regionali di tutti i quotidiani, fino ad allora poggiati, a formare una pila, sulla sua scrivania. Il professor Maurini lesse:
– “Professore zelante manda a monte la visita del Presidente del Consiglio alla scuola media di primo grado “G. D’Annunzio per l’inaugurazione del nuovo anno scolastico”. Matteo Renzi sarà a Palermo, al quartiere Brancaccio, nella scuola di Don Pino Puglisi, a via Francesco Panzera 28.”
– Contento? – sbottò la preside.
– Mi scusi, preside, ma non capisco – balbettò il professor Maurini che aveva ben compreso il senso della lettura ma non le ragioni del rifiuto del Presidente del Consiglio ad onorare la loro scuola con la sua presenza.
– Non verrà più? Ma come – proseguì basito il professore – Per l’occasione ho illustrato ai miei allievi la vita di Novaro.
– Novaro?
– Michele Novaro, preside; il compositore delle musiche dell’Inno di Mameli, come lei certamente saprà. Ho dato loro da imparare a memoria il nostro Inno nazionale, e tutte e cinque le strofe!
– Per l’appunto. E questa è la sua colpa. Lei è troppo zelante, caro professore. Se lo lasci dire.
– Zelante, preside?
– Si, caro Maurini, zelante. Che le è saltato in mente d’obbligare i suoi studenti ad imparare a memoria tutte e cinque le strofe dell’Inno di Mameli?
– Perché cinque sono le strofe che compongono il “Canto degli italiani”, ad esser più precisi.
– Gli italiani hanno altro da cantare, caro il mio professore; e i nostri governanti altro da ascoltare. Sicché il nostro Presidente del Consiglio, saputa la cosa, ha preferito inaugurare l’anno scolastico in un altro istituto in cui professori meno zelanti di lei si sono limitati a proporre soltanto la prima strofa.
– Ma il nostro inno nazionale ne ha cinque di strofe.
– Insiste con questa sua inopportuna pignoleria? E dunque se ne avesse avute trenta lei avrebbe preteso che il nostro Presidente del Consiglio avrebbe dovuto ascoltarle tutte e trenta?
– Ma ne ha soltanto cinque, preside!
– Troppe per un capo di governo che ha i minuti contati e la testa persa in ben più importanti incombenze. E poi mi dica, caro Maurini, quando i nostri ragazzi avrebbero dovuto cantare: “I bimbi d’Italia si chiaman Balilla”, cosa pensa avrebbe pensato il nostro Presidente del Consiglio? Lui che è anche segretario del Partito Democratico?
– Che così è stato scritto da Goffredo Mameli.
– No, caro il mio professore. Avrebbe pensato che questa è una scuola reazionaria, con professori nostalgici. Ecco che cosa avrebbe pensato. E i giornali? Ha pensato a cosa avrebbero scritto i giornali? No? Glielo dico io: “Il Presidente del Consiglio vittima di una provocazione”. Ecco che cosa avrebbero scritto i giornali!
– Non era mia intenzione… mi creda…non immaginavo, mai avrei pensato…
– Ecco, non pensi; o meglio, avrebbe dovuto pensarci prima. Non si dà in pasto, così a cuor leggero, l’Inno di Mameli a studenti già impegnati in mille altre attività curriculari ed extracurriculari.. E a dirla tutta, Maurini, l’Inno di Mameli non è materia d’insegnamento non rientrando negli argomenti dei programmi scolastici.
– M’era sembrato il più giusto omaggio per la visita del più alto rappresentante delle nostre Istituzioni, dopo il capo dello Stato, naturalmente.
– Non peggiori la sua già già di per sé compromessa situazione, caro Maurini.
– Ma…
– Sa chi mi ha cercato, ieri pomeriggio, qui in presidenza?
– No.
– Il rappresentante dei genitori. E sa che mi ha riferito?
– Che cinque strofe da imparare a memoria sono troppe per studenti di scuola media!
– Non c’è di che ironizzare, professore. Si, m’ha proprio detto che cinque strofe da imparare a memoria sono troppe per studenti di scuola media. E se vuol conoscere il mio pensiero in merito, ebbene sì, ritengo che cinque strofe da imparare a memoria, e in così poco tempo, sia un compito oneroso per studenti già impegnati in mille altre attività curriculari ed extracurriculari. Non è un caso che “I sepolcri”, lo cito ad esempio, si studiano alle medie superiori, e per giunta non musicate. Lei ha figliuoli?
– No, preside.
– Ne ero certa.. E sa cos’altro m’ha riferito quel genitore?
– Non saprei.
– Che lei dovrebbe prendere esempio dal nostro professore di lettere, un insegnante capace, comprensivo, che dà da imparare a memoria soltanto poesie di ermetici, in particolare quelle di Ungaretti perché, da buon padre di famiglia ancor prima che di docente, sa che i suoi studenti sono già impegnati in mille altre attività curriculari ed extracurriculari.
– Mi scusi, preside, ma se avessi immaginato…
– Con i se e con i ma, caro il mio professore, non si fa la storia. E la storia ora è questa, che il suo zelo ha privato il nostro Istituto di una vetrina nazionale, i nostri coro e orchestra di una visibilità inimmaginabile.
– Capisco, preside, e mi creda, sono mortificato, sinceramente mortificato.
– Io furente.
– Mi permetta di farle partecipe di un’idea che m’è venuta al momento, preside. Non potremmo riparare a questo, mi creda, inconsapevole incidente…
– Dica pure grave, professore, anzi da irresponsabile.
– …invitando un altro qualificato membro del governo? Magari il ministro dell’Istruzione.
– Pensa che non ci abbia già pensato? Il ministro dell’Istruzione è impegnato a inaugurare l’anno scolastico all’Istituto Sereni in via Prenestina a Roma.
– Allora il ministro dei Beni Cilturali.
– Andrà al liceo artistico di via di Ripetta.
– Il ministro della Funzione Pubblica?
– L’aspettano al Plesso Pablo Neruda.
– Il ministro delle Riforme?
– Sarà alla scuola Elementare “Amendola”di Laterina, in provincia di Arezzo.
– Quello dell’Ambiente?
– Alle scuole Marconi.
– E quello del Lavoro?
– All’Istituto Scarabelli, a Imola.
– E quello delle Politiche Agricole?
– All’istituto tecnico agrario Mario Rigoni Stern e la sua collega allo sviluppo Economico, alle 8 del mattino si presenterà al liceo Muratori di Modena.
– Il responsabile della Difesa?
– Occupato.
– Quello della Giustizia?
– Occupato.
– Il ministro dei Trasporti?
– Super occupato.
– Un sottosegreterio, un funzionario ministeriale, un presidente di Regione.
– Occupati, ocupati. Tutti occupati.
– E se invitassimo un assessore della nostra città? Magari quello alle Pari Opportunità?
Folgorata dall’insperata proposta, la preside arrestò il giro delle dita sui grani del rosario laico che portava al collo, e s’illuminò. – Giusto! Vede che quando ci si mette, professore, qualche buona idea la tira fuori?- e rabbonendosi concluse l’accalorata, imbarazzante conversazione – Ma il prossimo anno niente Inno di Mameli. Ci siamo intesi? –