Giovanni Di Iacovo – Simone Gambacorta
“Nella carne dei miei sogni
Colloqui tra uno scrittore ed un cronista letterario”
Duende Edizioni, Teramo, 2012
Nota critica a cura di Federica D’Amato
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A SILVIA
di SILVIA MOLESINI
A Sylvia (in nome di Nicholas)
Ciao Silvia nella tua pietrificata
esistenza sul
mondo ricamato degli altri oggi
è il giorno che ti rileggo, frastornata
e mi sovviene l’eterno che abbaia
penso alla stanza di una statua
e ad una cosa troppo vasta per
amarci che niente basta a amarla
la tua camera buia seppellita
l’isola sfolgorante degli insonni
la sciarpa di Isadora strozzata.
Ciao triste forte potente parola
tutti innamorammo davvero
tutti ci uccidemmo per te scritta
nel deserto mai abbastanza vero
e a descrizione attenta e a
veleno non letterale ma scolpito
a miele d’occhio d’uva e a occhio
di ragno, una visione austera
visto tutto: l’esilità del luogo portante
la maschera obbligata dell’incontro
i desideri che si catafrattano
e un gesto monco sulla pelle delle ossa.
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inedito di CARINA SPURIO
Il vecchio borgo sorge intorno alle rovine di un vecchio castello di fronte al mare Adriatico. Da bambina quella spiaggia la consideravo mia. Giocavo con il rastrello e la paletta, e riempivo di continuo il secchiello di acqua salata. Non erano tanto i castelli di sabbia il mio obiettivo, quanto scavare a fondo per cercare l’acqua e andare sempre più giù, senza una ragione. Molte ore dopo la prima colazione arrivava il momento del bagno. Le uniche raccomandazioni dei genitori erano quelle di non affogare. Nel pomeriggio il sole calava come a ricordare l’ora della cena, tra il melone sudato, le fette di prosciutto e una lattina di coca-cola. Dopo una lunga passeggiata fino al porto, di corsa a dormire. Negli anni seguenti, mentre sulla spiaggia dell’Adriatico iniziavano i miei primi amori, a Sarajevo, dall’altra parte del nostro mare, si sparavano le bombe. Arrivo a casa di Maria persa nei miei pensieri. La via è stretta, profuma di cantina. La vernice della porta è scrostata. Non c’è campanello. Busso. I contorni del viso della donna fanno capolino tra la folta capigliatura bianca nell’anta a metà. Maria improvvisa un sorriso e si sposta per farmi entrare. Un cane ed un gatto arrivano festosi. Mi annusano. Gli animali intrecciano il solito giro di valzer con cui accolgono i nuovi arrivati. Maria si siede, mi invita con un cenno ad imitare il suo gesto. Il candore dei suoi capelli genera un senso di rispetto. Ripenso a mia nonna, mentre la stanza si riempie di uno spesso silenzio. Le chiedo in che anno è nata. Mi risponde:<< a Natale del 1926>>. Lo stesso giorno del Bambino che ogni anno rinasce senza mai andare a scuola, deduco ironicamente. La semplicità della donna che ho di fronte non è opportuna per le mie domande troppo pretenziose. Maria non conosce gli elfi, gli gnomi e le fate, né Nostradamus e Cayce. Ignora l’esistenza di Sai Baba e di Osho. Non conosce il mondo delle idee di Platone, immutabili e perfette che vivono nell’iperuranio, al di là del cielo. Maria è una strega per discendenza. Venne iniziata da sua nonna all’età di nove anni. Imparò da bambina l’arte di preparare unguenti magici, filtri e polveri per avvelenare, allenandosi negli anni a plasmare le effigi in cera. Ho davanti una vecchia donna, vittima in giovanissima età di qualcosa che forse non voleva realmente ma che si era imposta su di lei. Maria conosce solo le fasi della Luna. La Luna Nuova per i riti da iniziare, la Luna Piena per quelli da interrompere. La sua specialità è preparare “annodamenti” d’amore.
Stephen intrecciò le mani dietro la nuca e fece due torsioni del busto. Le protrusioni nella sua colonna urlarono. La cupola era in penombra, in un grigiore metallico effuso dalla membrana di protezione.
“Solange, apri” disse, rivolto a un viso etereo che gli sorrideva da uno schermo. E dalla sommità della cupola, come palpebre, le membrane in silicio si schiusero frusciando. Un fascio di luce opalescente spiovve dentro e inondò il locale.
“Fatto Stephen.”
Lui annuì.
Al centro della sala, nella teca trasparente, immersa nella soluzione isotermica, la ragazza piangeva nel sonno. Le sue lacrime si formavano così lentamente che il gelo della teca le asciugava. Le sue funzioni vitali, rallentate dall’ibernazione, seguitavano torpidamente ad animarla, e lo stesso, probabilmente, accadeva ai suoi pensieri.
“Non piangere Agata” le disse Stephen. “Ti ho promesso che tutto tornerà a posto” la consolò, e girò attorno alla teca per stringerle la mano. Il braccio nudo di lei sbucava da un’apertura circolare, adagiato su un asse, e infuso da tre sonde collegate a dei monitor. Al momento aveva le dimensioni di un arto di una bambina di undici anni, ed era roseo e glabro. Lui lo carezzò con la punta delle dita, e infilò la destra sotto quel palmo affusolato.
“Fidati. Il braccio sta ricrescendo bene, e Cormac sta tornando da te. Non devi fare niente. Devi solo aspettare, e riposare” le disse, ed esitò, sapendo che l’ultima parola: riposare, le sarebbe arrivata dopo giorni. Affondò lo sguardo nella teca: lei fluttuava tra i propri ricci, come una pallida sirena in un banco di rosse alghe. I capelli avevano continuato a crescere normalmente, e dopo undici anni avevano invaso la vasca torcendosi e ondeggiando.
Una carezza sulla sua schiena identificò la nuova arrivata come Lea.
“Salve Lea” salutò il computer.
“Buongiorno Solange” rispose la donna.
“Ciao amore” disse Stephen, e si voltò a baciarla. Lea profumava di vaniglia e lo guardava eccitata: “Ho capito a chi somiglia!” gli disse. “Sembra Ofelia di Rossetti.”
Stephen annuì colpito. Era proprio vero, la sua sfortunata gemella somigliava ad Elisabeth Siddal immersa nell’acqua che l’avrebbe uccisa. Per non pensarci trascinò la moglie alla vetrata. Terra sorgeva all’orizzonte, fondendo il cielo oscuro in un blu vellutato cosparso di efelidi argentee. Nel cratere di fronte ai laboratori una scavatrice trivellava il suolo sollevando sbuffi di polvere, che volteggiavano e restavano sospesi nella fosforescenza dell’alba lunare. I rover immobili affondavano i cingoli nella regolite pastosa, e nessuna luce era ancora accesa dietro gli oblò delle torri. Ciuffi di nuvole candide adornavano l’Europa.
“Torneresti sulla Terra?” chiese Stephen.
nota critica di Massimo Pamio sul cantautore abruzzese Paolo Fiorucci
Premio De Lollis per la canzone d’autore 2010
Nell’affidare all’album Sei personaggi in cerca di cuore otto canzoni contraddistinte dalla ruffiana orecchiabilità delle musiche, nonché da una tematica che unifica i testi (sarebbe un album concept, concettuale), tutti dedicati alla vita celata e sconosciuta di oggetti – quali il soldatino di stagno, un manichino, la macchina delle fototessera, il portiere del calciobalilla, lo spaventapasseri, il robot C2-36, il mostro di Frankenstein – Paolo Fiorucci, cantautore abruzzese al suo esordio, esprime già una forte, marcata personalità, capace di accontentare sia il gusto dell’ascoltatore popolare sia quello del critico più esigente, grazie a piccole e grandi astuzie di un talento spiccato.
Se la sua poetica, estremamente coerente, è rivolta a fondere musica e parole in una giocosa ironia, in una affabulazione sobria ed elegante, la sua tensione è assimilabile a quella del bambino che ci indica con stupito incanto come la realtà sia proprio quella della sbalorditiva scena teatrale di cui si è fatto involontario protagonista grazie a un proprio gesto che ha suscitato lo stupore e l’attenzione degli adulti e nel quale la propria oggettualità si è improvvisamente animata.
Cari Lettori, come anticipato sul sito www.noubs.it, le Edizioni Noubs tornano con un blog semplice e chiaro nella veste grafica, ma pronto nei contenuti ad accogliere la complessità del reale, scrutata, indagata, messa a nudo con ciò che più amiamo e cerchiamo di valorizzare: il fatto letterario. Un vero e proprio caleidoscopio che non vi terrà solamente aggiornati su ciò che si combina in casa Noubs, o sui mille, quotidiani colpi di genio del direttore Massimo Pamio, no. Vogliamo che questo blog divenga un crocevia di voci colte, appassionate, determinate a rompere la logica tecnocratica in vista della costituzione di un nuovo umanesimo. Vogliamo il vostro contributo!
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