Le liriche di argomento religioso di SILVIA DI DONATO (Tonita Di Nisio)


Le liriche di argomento religioso di SILVIA DI DONATO

di Tonita Di Nisio

Alcune liriche nella silloge Paradigmi della complessità (Di Felice edizioni) sono dedicate alla ricerca di Dio, ricerca che a volte si aggrappa alla razionalità (PASSEGGIATA), a volte si abbandona all’intuizione della fede (INDOVINARE DIO) o all’estasi (SMARRIMENTO DIVINO) e, altre ancora, si scontra con l’incredulità (PALINGENESI: Non è altrove, se non in noi l’eternità.pag.51, perché rapsodico è il dire divino/che salva (IL DESERTO PERFETTO pag.52). 

Quel che amo di questo libretto è il trascolorare del discorso da un tema all’altro per poi seguitare a stemperarsi da un’affermazione in una nuova considerazione fino a giungere ad attestare, nei temi esistenziali, i paradigmi della complessità (CANTO DEL SAPIENTE). Ad esempio, i versi di Silvia spesso cantano il presente, l’immanenza in VIVERE IL PRESENTE, in cui la massima di Wittgestein posta in exergo recita: Presente a cui l’eterno corrisponde/ punto a punto: ovvero, se intendo bene, Silvia individua la goccia del presente ne lo gran mar de l’essere (Dante, Par.): colloca il pulviscolare nell’Universo, nell’Infinito. Potrei affermare che abbia desunto da Dante la lezione di poter parlare dell’eterno proprio perché parte da quanto è “assolutamente-reale”? Probabilmente sì, infatti parla della felicità che si identifica con la terra, anche se si fa fango. (STARE NELL’ORA CHE ACCADE ) È un mistero? È IL MISTERO più grande, che ha però la sua auto-spiegazione: Idea, causa di sé, necessità (IL VERSO TOTALE) E perciò a Dio, che è Amore, la poetessa può dire: Ti fai infinito nel sole carico di tempo, di vita e di dei (IL PIÙ GRANDE DONO). Dovremmo concludere con l’amato Borges: Il più prodigo amore gli fu concesso/l’amore che non si aspetta di essere amato, cioè ricambiato: Borges, che Silvia richiama in exergo, parlava dell’amor Dei intellectualis spinoziano, per cui l’amore umano verso Dio e quello di Dio verso gli uomini sono un solo e medesimo amore. Ne consegue che tale Amore comprende e contiene anche l’amore dell’io lirico, di Silvia: Indicibile / la mia fame di Te si scioglie/ in quest’incandescenza sorgiva/ che accoglie il mondo (LA MISURA DEL GIORNO). La poetessa invoca amore amante amore amato e, forse identificandosi con Mosè, in  ESODO 3,14, scopre  che tutto proviene da Dio . Indi proclama : la verità tutta intera/è un’idea poetica/ più poetica è l’idea di Dio. È una verità indicibile, se non in nuda poesia, la poesia di una “mente innamorata”, per usare l’espressione di Alda Merini. A questo proposito, mi pare opportuno ricordare che Borges, nel prologo della sua Obra poetica, riconosceva che “ogni poesia è misteriosa e nessuno sa interamente cosa gli è concesso di scrivere.” Il Cardinale G. Ravasi ha sostenuto che la fede e la poesia sono sorelle perché entrambe tendono all’Altro e all’Oltre. Come avviene in Silvia! 

L’atmosfera della Pasqua mi spinge a riaprire il libretto di poesie di Silvia Di Donato , per rileggere due testi che sono in tema. All’interno della silloge si rintraccia in alcuni testi il tema religioso, talora connesso a quello filosofico: il soggetto costituisce un altro passo avanti nella conoscenza della Complessità che la Di Donato pone al centro della sua ricerca e così il lettore è indotto allo scavo, all’inchiesta tra i versi. La presenza di Dio e di Cristo si richiama a pagine dei testi sacri: bellissima l’invenzione all’origine de IL CATINO! Il bacile è sì quello in cui si lavò le mani Pilato, dinanzi alla folla (Matteo,27,24). L’autrice montalianamente (Cfr. Cigola la carrucola nel pozzo: vs.4 nel puro cerchio un’immagine ride) lo mette in rapporto ad un volto che si specchia: Mi specchiò il volto un puro cerchio d’acqua. Quello che si specchia non è il volto del 5° governatore, che ha abdicato al proprio ruolo, ma di un Altro. È l’Altro è Colui che è stato tutte le acque di cui il Vangelo ci parla: al pozzo di Sicàr dove attingeva la samaritana; al lago di Tiberiade dove Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni furono chiamati per divenire pescatori di anime; a Cana negli orci che videro alle nozze il prodigio della trasformazione in vino; al Giordano, ove Giovanni  si vide chiedere dal Cugino lo stesso battesimo di conversione, che dispensava alle folle; alle piscine di Siloe e Betzaedà, ove furono operati i miracoli sul cieco nato  e sul paralico;  al Mare di Galilea, sulla superficie del quale il Signore camminò e dove apparve dopo la Resurrezione . È Cristo: solitudine ed eresia/scandalo, perfetto enigma. È Cristo che si specchia nel catino: Colui che sarebbe diventato altra acqua, ACQUA VIVA. 

C’è una lirica la cui lettura è irrinunciabile: LA LAMPADA DI PSICHE. A Manoppello, paese della Di Donato, sorge il santuario del Volto Santo, ove è conservato il velo di bisso che ritrae l’immagine di un volto che la devozione popolare e la fede ritengono il Volto di Gesù così come si stampò sul drappo della Veronica durante la salita al Calvario. Altri studi hanno portato a ritenerlo il sudario poggiato sul volto di Cristo, dopo che fu collocato nel sepolcro. È stata studiata la sovrapponibilità del volto della Sindone di Torino e quello che appare nel Velo di Manoppello: non mi permetto di esprimere giudizi o pregiudizi personali, devo solo sottolineare in questa sede che l’immagine, secondo una consolidata tradizione, sarebbe “acheropita” cioè “non disegnata o dipinta da mano umana”: ciò offre al credente che osserva il Velo una consolazione, ma lo pone dinanzi ad un problema di fede, che ancor più radicalmente interroga l’incredulo, il miscredente, lo scettico.  Silvia Di Donato , sin dal titolo, ci porta a svelare il Volto Santo, con il batticuore ed il passo impacciato e titubante di Psiche che vuole scoprire il viso di Amore: la Di donato desume dal mito il conflitto interiore della razionalità dell’anima che ambisce a conoscere il vero viso dell’Amato.

Cerca pure, o lettore, il volto di Cristo, che è Amore, dovunque: è Panim, parola plurale, volti/presenze. Ma, se sali sul Colle Tarigni,/ lì non fare domande Silvia avverte chi si inoltra verso il Santuario per indagare il Mistero del Velo di bisso. Invita così il pellegrino che pretende di capire: Cammina nella fiducia, cioè abbandonati al Mistero del Volto che ti guarda. Borges dice che il volto “duro, ebreo” di Gesù ci guarda e Alda Merini “ti cerca per ogni dove/ anche quando tu ti nascondi/per non farti vedere”. E, quando il credente o lo scettico rinunciano con la chimica a tentare di capire,   a questo punto avviene la rivelazione, l’epifania di Dio: si lacera il tessuto spazio-tempo e si manifesta Penuel , il Volto di Dio. Un’ultima raccomandazione al pellegrino che compie l’itinerarium mentis in Deum: Posa la tua lampada / e lasciati guardare. Silvia ci richiama ad una delle più straordinarie invenzioni paradisiache di Dante, del 33° Canto. Capita a Dante (PAR:127-138), nell’ investigare la seconda persona della Trinità, di vederla manifestarsi dipinta come figura umana. V. Sermonti: “Invisibilmente campito nel Figlio di Dio, si ostende all’uomo Dante il figlio dell’Uomo: suo fratello, suo identico, lui.” Silvia invita il viandante all’esperienza di trasumanazione, quella di specchiarsi negli occhi di Cristo e incontrare l’Amore perché, se lo si cerca, si invera quanto San Paolo afferma: “Tu entri dalla porta dello sguardo.” Chi si è spogliato del suo io, per dimenticarsi di sé nella visione del Volto di Cristo, si vedrà e riconoscerà come fratello del Figlio dell’uomo. 

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