Archivi giornalieri: 23 gennaio 2016

Il prestito interiore delle cose: la poesia di Silvia Colaiuda (di Massimo Pamio)


Vivacemente intimista, effusivamente riservata, capovolta ma impettita, la poesia di Silvia Colaiuda prende spunto da trascurabili eventi offerti dalla realtà quotidiana per una breve riflessione capace di costruire una piccola ma prelibata storia, con finale a sorpresa nella clausola. Grazie a uno spruzzo d’intelligenza soffiato sul volto del lettore, timido ma impulsivo scherzo, come quello di un fiorellino che quando meno te l’aspetti spunta tra le mani, nel disseminare messaggi in codice attorno a sé, illuminando segreti interiori, la poetessa ci insegna a osservare la vita dal suo punto di vista con garbo musicale, con leggerezza, con una nota di speranza: che “l’essere letta”, anzi “leggiucchiata” costituisca l’anticamera curiosa dell’amicizia e dell’amore. L’ironia delle cose, sparsa un po’ dappertutto, mette in crisi il meccanismo fin troppo semplice del giorno, forse, a conti fatti, la verità è la ruggine di un oggetto fatta malinconia, forse non resta altro che affidarsi alla superstizione delle cose, alla loro disillusa coinvolgente felicità.

Il talento di Silvia consiste nel dare vita agli oggetti, nel liberarli, nel conferire ai nostri piccoli incidenti quotidiani una labilità consensuale, che lega affetti e cose in una sostanziale mutua reciprocità, nell’affidare alle cose la superstizione della verità, l’ultima parola su quel che è.

Una voce fresca, scintillante, un’altra promessa della poesia che speriamo sia mantenuta fino in fondo, con costanza e disciplina da Silvia Colaiuda a cui auguriamo tanta fortuna! (Massimo Pamio)

 

SILVIA COLAIUDA

POESIE

 

Creazione

Quattro nuvole dai nomi curiosi

hanno pisciato sulla testa del mondo:

Malinconia, Inettitudine, Malaffare e Perseveranza.

Sorridettero di un pessimismo livido

agli sventurati inquilini dell’anno,

promisero l’intralcio del sole d’estate.

Poi il divino sputo a forma d’uomo

s’innamorò di costola sua metà

e promise d’essergli stampella

nei giorni a divenire delle comuni storte.

Dama

Su una scacchiera

di caselle bianche e nere,

un giovane inesperto,

ingenuo stratega,

si lascerà mangiare

da una dama.

Era solo un gioco.

Reclama

La gente seria non scrive poesie

gli scienziati eminenti non suonano violini

i politici comunisti non ballano caraibico!

I confini degli imbecilli non ospitano la libertà

l’indignazione dei borghesi non vince le guerre

e io rimango un’anima educata

un pensatore al netto d’idiozie leggere leggere.

Fondi arabici

Conto gli sbadigli

la radio decanta una canzone.

Ode alla macchinetta del caffè

sibilo antico di tostatura

ruggine figlia del fuoco

rituale mediterraneo

guarnizione indispensabile

di una buona giornata

superstizione di chicchi.

Sorvolo in quota

Ti consegno quella nuvola

che corre più veloce del tuo consenso

e ha la forma di un tulipano rosa.

Durerà così poco

Il traffico di una perturbazione

Il tempo di allestire il cielo.

 

Richiesta sorvolo sul cuore

chimera di un mondo nascosto

dal finestrino rotondo d’aereo

piramide dorata di nuvole ciccione

abito in via di “chi sa dove”

insieme a “chi sa chi”

Un invito

Parcheggio imbottito di macchine

riconosco la tua.

Strappo un giovedì dall’agenda

imprimo una calligrafia spigliata

messaggio capace di intendere e volere.

Pubblica affissione dal tergicristallo

volantino piegato senza firma d’autore:

“Confido nella tua complicità,

ore 20:00 Prima Loggia, un bacio”

Sorpresa anonima di un’effusione estiva

sintonia di un gioco in codice.

Rurale

Molliche di sapone

pizzichi d’acqua nella cascina.

Siediti a mangiare con me.

Prendi del pane nero,

parlami col tuo silenzio

più risolto e ospitale del mio.

Salta domande inutili

accelera il mio disordine

vivimi così.

 

SilviaColaiuda

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