Vivacemente intimista, effusivamente riservata, capovolta ma impettita, la poesia di Silvia Colaiuda prende spunto da trascurabili eventi offerti dalla realtà quotidiana per una breve riflessione capace di costruire una piccola ma prelibata storia, con finale a sorpresa nella clausola. Grazie a uno spruzzo d’intelligenza soffiato sul volto del lettore, timido ma impulsivo scherzo, come quello di un fiorellino che quando meno te l’aspetti spunta tra le mani, nel disseminare messaggi in codice attorno a sé, illuminando segreti interiori, la poetessa ci insegna a osservare la vita dal suo punto di vista con garbo musicale, con leggerezza, con una nota di speranza: che “l’essere letta”, anzi “leggiucchiata” costituisca l’anticamera curiosa dell’amicizia e dell’amore. L’ironia delle cose, sparsa un po’ dappertutto, mette in crisi il meccanismo fin troppo semplice del giorno, forse, a conti fatti, la verità è la ruggine di un oggetto fatta malinconia, forse non resta altro che affidarsi alla superstizione delle cose, alla loro disillusa coinvolgente felicità.
Il talento di Silvia consiste nel dare vita agli oggetti, nel liberarli, nel conferire ai nostri piccoli incidenti quotidiani una labilità consensuale, che lega affetti e cose in una sostanziale mutua reciprocità, nell’affidare alle cose la superstizione della verità, l’ultima parola su quel che è.
Una voce fresca, scintillante, un’altra promessa della poesia che speriamo sia mantenuta fino in fondo, con costanza e disciplina da Silvia Colaiuda a cui auguriamo tanta fortuna! (Massimo Pamio)
SILVIA COLAIUDA
POESIE
Creazione
Quattro nuvole dai nomi curiosi
hanno pisciato sulla testa del mondo:
Malinconia, Inettitudine, Malaffare e Perseveranza.
Sorridettero di un pessimismo livido
agli sventurati inquilini dell’anno,
promisero l’intralcio del sole d’estate.
Poi il divino sputo a forma d’uomo
s’innamorò di costola sua metà
e promise d’essergli stampella
nei giorni a divenire delle comuni storte.
Dama
Su una scacchiera
di caselle bianche e nere,
un giovane inesperto,
ingenuo stratega,
si lascerà mangiare
da una dama.
Era solo un gioco.
Reclama
La gente seria non scrive poesie
gli scienziati eminenti non suonano violini
i politici comunisti non ballano caraibico!
I confini degli imbecilli non ospitano la libertà
l’indignazione dei borghesi non vince le guerre
e io rimango un’anima educata
un pensatore al netto d’idiozie leggere leggere.
Fondi arabici
Conto gli sbadigli
la radio decanta una canzone.
Ode alla macchinetta del caffè
sibilo antico di tostatura
ruggine figlia del fuoco
rituale mediterraneo
guarnizione indispensabile
di una buona giornata
superstizione di chicchi.
Sorvolo in quota
Ti consegno quella nuvola
che corre più veloce del tuo consenso
e ha la forma di un tulipano rosa.
Durerà così poco
Il traffico di una perturbazione
Il tempo di allestire il cielo.
Richiesta sorvolo sul cuore
chimera di un mondo nascosto
dal finestrino rotondo d’aereo
piramide dorata di nuvole ciccione
abito in via di “chi sa dove”
insieme a “chi sa chi”
Un invito
Parcheggio imbottito di macchine
riconosco la tua.
Strappo un giovedì dall’agenda
imprimo una calligrafia spigliata
messaggio capace di intendere e volere.
Pubblica affissione dal tergicristallo
volantino piegato senza firma d’autore:
“Confido nella tua complicità,
ore 20:00 Prima Loggia, un bacio”
Sorpresa anonima di un’effusione estiva
sintonia di un gioco in codice.
Rurale
Molliche di sapone
pizzichi d’acqua nella cascina.
Siediti a mangiare con me.
Prendi del pane nero,
parlami col tuo silenzio
più risolto e ospitale del mio.
Salta domande inutili
accelera il mio disordine
vivimi così.